Sabato 2 ottobre 2021, ore 21 Chiesa di San Bernardino – Auditorium B. Manenti
INGRESSO LIBERO CON GREENPASS FINO AL RAGGIUNGIMENTO DELLA CAPIENZA MASSIMA
Oratorio devozionale per pianoforte, coro e quattro voci
L’evento apre la nota kermesse “I mondi di carta” (a Crema, dal 2 al 10 ottobre – http://www.imondidicarta.it) ed è in collaborazione con Associazione Giovanni Bottesini, nel bicentenario dalla nascita del compositore.
Originariamente composto per orchestra, coro e quattro voci, è stato eseguito per la prima volta a Norwich nel 1887. Una valida occasione per riflettere sul Bottesini sacro.
Gli artisti che daranno vita alla serata:
Federico Ercoli – pianista Martina Russomanno – Soprano Miriam Albano – Mezzo Soprano Siyabonga Maqungo – Tenore Sergio Foresti – Baritono Coro Claudio Monteverdi di Crema Maestro Bruno Gini – Direttore
ALCUNI CENNI SULLE ORIGINI DELLA COMPOSIZIONE
Il 12 ottobre venne rappresentato con grande successo al Festival di Norwich l’oratorio composto dal cremasco Bottesini, dal titolo “The garden of Olivet”. Il titolo originale era Gethsemane ma all’ultimo momento venne cambiato per evitare una possibile suscettibilità religiosa che questo titolo avrebbe potuto scatenare.
L’orchestra, diretta dal triestino Alberto Randegger (1832-1911), era composta da settanta musicisti ed il coro da duecentocinquanta persone provenienti dai cori
dell’Abbazia di Westminster, Cambridge, Buxton e Windsor.
L’oratorio fu replicato poi a Londra il 17 novembre alla Sacred Harmonic Society di Londra. Questo lavoro venne scritto da Bottesini durante il 1886 e fu terminato presumibilmente tra settembre ed ottobre di quell’anno.
“UN LUSINGHIERISSIMO SUCCESSO” PER LA CRITICA DEL TEMPO
«La gazzetta musicale di Milano»,
anno XLII, n.34, 23 ottobre 1887,
pp.326–327.
“Il Garden of Olivet, di Bottesini, ebbe adunque, come vi telegrafai ieri dopo il concerto, un lusinghierissimo successo […] il bel lavoro di Bottesini, s’ebbe una cordialissima accoglienza sia per la fluidità, dolcezza ed abbondanza di svariate melodie, che per la finezza ed efficacia dell’istrumentale giusto, ben bilanciato ed elaborato con mano esperta e sicura. Nel Garden of Olivet nulla v’ha di stentato, di ricercato, di contorto, le idee se non tutte originalissime, vi sono però sempre chiare e distinte; la condotta degna d’un vero maestro. Se mi fosse permesso di fare un appunto al Bottesini, questo sarebbe intorno al carattere del suo lavoro, mancante qua e la della serenità e solennità della vera musica religiosa; ma non si deve dimenticare ch’egli è stato fin qui uno scrittore d’opere e che questo Garden of Olivet è il suo primo tentativo nel campo dell’oratorio, ed il secondo suo sforzo nell’arringo sacro […] Lo splendido libretto del Garden of Olivet è dovuto come si sa, a Joseph Bennett, il quale per dare un’idea di fervore meditativo e per distinguerlo in certo qual modo dal così detto «oratorio drammatico», l’ha denominato a devotional oratorio […]. In forma narrativa, intercalata da opportune riflessioni religiose, esso tratta degli avvenimenti che si svolsero, come ognuno sa, in Getsemani, la vigilia della crocifissione e piglia le mosse dall’entrata di Gesù nell’orto degli ulivi con tre discepoli, dai quali si diparte tosto per raccogliersi a pregare. Al suo ritorno egli li sorprende addormentati, e mentre questi stanno svegliandosi confusi, avviene il tradimento di Giuda, pel quale il «figlio dell’uomo» è gettato in balìa dei suoi spietati nemici, che lo trascineranno poi sul Calvario. Il lavoro consta di due parti distinte: The agony (l’agonia o passione) e The betrayal (il tradimento), le quali sono suddivise in venti numeri. La narrazione, affidata al contralto (miss Hilde Wilson) […] è interrotta dalle meditazioni a guisa di commento, fatte dagli altri personaggi e dai cori […]
Quanto all’esecuzione il compositore deve essere stato, secondo il mio debole modo di vedere, contento in media dei solisti ed in ispecie soddisfattissimo del tenore, del baritono e del contralto, nonché dell’orchestra, non lo deve essere del pari dei cori che, massimamente, nei tenori e nei soprani, sono deboli, non sempre intonati, e poco sicuri negli attacchi. All’apparire dell’illustre maestro, coro, orchestra e pubblico gli fecero un’affettuosa ovazione, che ripeté più entusiastica e più prolungata alla fine dell’esecuzione […]”.
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